La cucina tipica marinara tesse le sue origini sui pescherecci quando la decisione su cosa e quando mangiare, spettava esclusivamente al capitano.
A quei tempi a bordo non esisteva il cuoco, bensì una figura con la passione della cucina che si occupava dei pasti dell’intero equipaggio, facendosi aiutare dal mozzo o da un marinaio più giovane.
Il cuoco prendeva la “quartarola”, ossia ¼ di parte in più del pescato rispetto agli altri membri per cucinare.
L’alimentazione a bordo era sempre a base di pesce, in tutte le varianti: dalle minestre, all’arrosto, fino ad arrivare al famoso brodetto di pesce.
Il brodetto sambenedettese è un piatto povero, nato quando il pescato che rimaneva in barca e nn poteva essere venduto, veniva cucinato con la masa, un mix di acqua ed aceto di vino andato a male.
Il brodetto era un piatto che si cucinava spesso perché capace di mantenersi fino al giorno dopo, grazie all’utilizzo dell’aceto che veniva usato per la preparazione.
LE MINESTRE DI PESCE
Piatto tipico marinaro, che si mangiava la sera come piatto caldo.
LE OSTERIE E LE TRATTORIE
Sulla terraferma invece nacquero le prime cantine, dove si pagava solo lo “scomoto”, ossia il servizio al tavolo, il vino consumato e l’eventuale cottura di pasta condita con i sughi portati direttamente dai pescatori.
La popolazione locale si riuniva presso le Cantine per passare del tempo insieme in allegria, bevendo il vino e gustando il pesce fresco appena pescato.
I piatti tipici dell’epoca erano:
Soltanto dopo la nascita della pesca oceanica nacquero le trattorie, dove si mangiava sia carne che pesce, da cui iniziarono a svilupparsi le prime avvisaglie della ristorazione, e con essa, la nascita degli antipasti, le grigliate di pesce e le fritture fino ad arrivare al concetto di ristorazione attuale.
L’Adriatico è un mare ricco che nasconde anche piccole perle, come l’ostrica selvaggia, tipica con il suo frutto carnoso, poco conosciuta rispetto a quelle francesi e di scarsa reperibilità.
Quando cominciò ad essere servita dall’Osteria Caserma Guelfa, non esisteva ancora una forma di allevamento. Così, Federico propose ad un ingegnere di avviare questo tipo di attività, mettendolo in contatto con alcuni pescatori che gli avrebbero fornito il frutto.
Con la “Cooperativa Maroni” di Pedaso, iniziarono ad allevare l’ostrica selvaggia di San Benedetto e, quando Federico fu chiamato nuovamente allo Slow Fish nel 2009, la portò con sé, per un confronto con quella francese, canadese e irlandese.
Nel 2010 a Genova, partecipò ad una manifestazione legata alla sostenibilità.
In quell’occasione fu invitato a partecipare ad alcuni laboratori nei quali si discuteva del consumo degli squaloidi: ebbe la conferma che nei nostri mercati il pescecane viene spacciato al posto del pescespada o del palombo.
Da questa esperienza gli venne in mente di far conoscere ai propri clienti le caratteristiche e le differenze dei pesci che mangiamo.
Nel 2012, in collaborazione con il locale Convivium Slow Food, organizzò il primo corso sul pesce, al quale hanno partecipato trenta persone: fu entusiasmante poter trasmettere agli altri le proprie conoscenze di vita e di mare.
LE MINESTRE DI PESCE
Piatto tipico marinaro, che si mangiava la sera come piatto caldo.
LE OSTERIE E LE TRATTORIE
Sulla terraferma invece nacquero le prime cantine, dove si pagava solo lo “scomoto”, ossia il servizio al tavolo, il vino consumato e l’eventuale cottura di pasta condita con i sughi portati direttamente dai pescatori.
La popolazione locale si riuniva presso le Cantine per passare del tempo insieme in allegria, bevendo il vino e gustando il pesce fresco appena pescato.
I piatti tipici dell’epoca erano:
Soltanto dopo la nascita della pesca oceanica nacquero le trattorie, dove si mangiava sia carne che pesce, da cui iniziarono a svilupparsi le prime avvisaglie della ristorazione, e con essa, la nascita degli antipasti, le grigliate di pesce e le fritture fino ad arrivare al concetto di ristorazione attuale.
L’Adriatico è un mare ricco che nasconde anche piccole perle, come l’ostrica selvaggia, tipica con il suo frutto carnoso, poco conosciuta rispetto a quelle francesi e di scarsa reperibilità.
Quando cominciò ad essere servita dall’Osteria Caserma Guelfa, non esisteva ancora una forma di allevamento. Così, Federico propose ad un ingegnere di avviare questo tipo di attività, mettendolo in contatto con alcuni pescatori che gli avrebbero fornito il frutto.
Con la “Cooperativa Maroni” di Pedaso, iniziarono ad allevare l’ostrica selvaggia di San Benedetto e, quando Federico fu chiamato nuovamente allo Slow Fish nel 2009, la portò con sé, per un confronto con quella francese, canadese e irlandese.
Nel 2010 a Genova, partecipò ad una manifestazione legata alla sostenibilità.
In quell’occasione fu invitato a partecipare ad alcuni laboratori nei quali si discuteva del consumo degli squaloidi: ebbe la conferma che nei nostri mercati il pescecane viene spacciato al posto del pescespada o del palombo.
Da questa esperienza gli venne in mente di far conoscere ai propri clienti le caratteristiche e le differenze dei pesci che mangiamo.
Nel 2012, in collaborazione con il locale Convivium Slow Food, organizzò il primo corso sul pesce, al quale hanno partecipato trenta persone: fu entusiasmante poter trasmettere agli altri le proprie conoscenze di vita e di mare.
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